Alle Forze dell’ordine che, un giorno sì e uno pure, passavano a multare lui e i suoi avventori, mostrava la Costituzione. Non si è mai piegato a lockdown, chiusure anticipate e green pass, il ristoratore trentino di origine peruviana Arturo Bruno. E a chi gli chideva se non fosse preoccupato per la pila di contravvenzioni e denunce sempre più alta dietro al banco della Mesa Verde, rispondeva con ottimismo: “il lavoro è un diritto, non voglio discriminare i miei clienti, il giudice mi assolverà”. E alla fine, ha avuto ragione: il giudice Tamburrino lo ha assolto dall’aver disubbidito all’autorità, perché un decreto successivo a quello della sua condanna ne ha depenalizzato il reato.” Il pm” – ha dichiarato l’avvocato Lorenzo Nannelli, legale di fiducia del movimento nazionale Io Apro – di cui Bruno era stato uno dei primi esponenti – “non avrebbe nemmeno dovuto incriminarlo” . Assolto anche il padre Juan, mentre l’udienza per la sorella di Arturo, Janina – la cui posizione era più delicata per aver materialmente strappato i sigilli dalla porta del ristorante – è stata rimandata a maggio. A festeggiare, fuori dal tribunale, una ventina di esponenti della aps UniAMOci Trentino. “Oggi è un bella giornata” – ha commentato la presidente Laura Tondini – “giustizia è stata fatta. Il lockdown ha consentito di accelerare sulle vendite online e la digitalizzazione, ingrassando l’E-commerce a scapito dei piccoli imprenditori come Arturo, e creando una devastazione economica, scolastica e psicologica che ci vorranno anni a rimarginare.”
